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SANTA CATERINA VILLARMOSA
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Nei secoli il paese ha cambiato nome più volte
Santa Caterina Villarmosa è un paese di medie dimensioni, abitato fin dal Medioevo. Anticamente si chiamava Risigallo, dallo stesso nome del feudo nel quale venne fondato. In seguito cambiò nome e divenne Grimaldo, lo stesso del nobile don Giulio Grimaldi. Nel 1625 poi il figlio di don Giulio, Pietro Andrea, dopo essere stato eletto principe cambiò ancora il nome dell'abitato, che divenne finalmente Santa Caterina. L'aggiunta "Villarmosa" fu data nell'Ottocento dalla nobile famiglia dei Cottone, signori del paese.
Ai giorni nostri Santa Caterina vive soprattutto di agricoltura. Nei suoi terreni, prevalentemente argillosi e marnosi, si coltivano in grande quantità mandorleti, uliveti e viti. Un'altra fonte di sostentamento è rappresentata dall'artigianato. Famosi sono i ricami e i merletti a tombolo che le mani sapienti delle donne locali realizzano pazientemente, un'arte questa che si tramanda da parecchie generazioni.
©  Azienda Provinciale Turismo di Caltanissetta

Il territorio, centro agricolo della zona collinare tra i fiumi Platani e Salso sul versante Nord-Est del monte delle Rocche, fu abitato da popolazioni indigene in seguito ellenizzate come testimoniano le tracce di antichi abitati ritrovati sui monti delle Rocche e Ghibbò. Il primo documento ufficiale in cui vediamo citato il feudo risale al 1299 quando Federico Il d’Aragona sconfisse, nei pressi di una rocca fortificata. Filippo di Taranto. Nel 1320 il feudo Risigallo. unitamente ad altri possedimenti. apparteneva a Manfredi Chiaramonte che ricevette il feudo da Federico III. A Manfredi si deve la costruzione della fortezza di Rasicudia. Nel 1330 il feudo fu possedimento di Riccardo Risigallo, ma in seguito gli fu confiscato perché accusato di ribellione al re Ludovico e assegnato alla figlia di Giovanni Petroso, Venerea. Nel 1408 troviamo il feudo Risigallo sotto la signoria di Antonio di Modula e. in seguito sotto Antonio Ferrer. Nel 1601 pervenne a Giulio Grimaldi che trovò già costituito nel suo territorio un insediamento urbano e una chiesa parrocchiale. segno evidente che il paese esisteva già da tempo. Il Grimaldi fece arrivare nuovi coloni provenienti per la maggior parte da Castrogiovanni, fece costruire nuove case e lo chiamò Grimaldo. Nel 1625 gli succedette il figlio Pietro Andrea che con privilegio di Filippo IV fu nominato principe di Santa Caterina. Da questa data il paese abbandonò il nome di Grimaldo e venne chiamato, come abbiamo detto. Santa Caterina. Tale cambiamento è legato a una tradizione popolare molto diffusa. Si racconta infatti che i coloni provenienti da Castrogiovanni, chiamati da Grimaldo per popolare il paese, abbellirono la chiesa con numerose statue tra cui era quella di Santa Caterina che cominciò a concedere grazie ai fedeli. La notizia di questi fatti miracolosi fece del paese la meta di numerosi pellegrinaggi. I fedeli che vi si recavano indicavano il luogo col nome della santa dispensatrice di tante grazie, pertanto al principe non rimase altro da fare che prendere atto della volontà popolare e cambiò il nome del paese in Santa Caterina. Dal matrimonio di Pietro Andrea con Maria Grimaldi nacque Giulio Il che succedette al padre nel principato di Santa Caterina. Giulio Il sposò Agata Bologna dalla quale ebbe il figlio Pietro Andrea Il. Questi nel 1661 vendette la terra di Santa Caterina con undici feudi, il titolo di barone e il "mero e misto impero", a Scipione Cottone marchese di Altamira e conte di Bavuso riservando per sé e per i propri discendenti il titolo di principe e il feudo Risichella. La famiglia Cottone si dimostrò alquanto generosa e lungimirante nel governare il paese. Ne favorì lo sviluppo economico e sociale creando varie istituzioni benefiche. L’ultimo signore di Santa Caterina fu Carlo Cottone, principe di Vìllarmosa che ebbe così a cuore le sorti del suo paese da lasciare la somma necessaria per la costruzione di un ospedale civico e altre opere di beneficenze. Nel 1862 i cittadini riconoscenti vollero aggiungere al nome di Santa Caterina anche quello nobiliare di Villarmosa in onore del loro benefattore. Il paese di Santa Caterina visse i moti rivoluzionari che funestarono la Sicilia nel 1820 e nel 1848 con grande partecipazione dando il suo contributo di sangue. Durante i moti del ‘48 venne costituita la Guardia Nazionale che diede prova di coraggio e abnegazione. Quando, nel 1860 Garibaldi sbarcò in Sicilia, per cacciare i Borboni dall’isola e per la unificazione dell’Italia, il paese di Santa Caterina si dimostrò molto generoso nel sostenere l’impresa dei "Mille". Altro importante appuntamento con la storia si è ripresentato durante le lotte operaie alle quali i cittadini caterinesi parteciparono attivamente. Nel 1893 istituirono il Fascio di Santa Caterina al quale aderirono numerosi lavoratori. Nel 1894, in occasione di una manifestazione, si verificarono dei tafferugli che ben presto sfociarono in vere battaglie. La forza dell’ordine aprì il fuoco ferendo parecchi cittadini. Dopo aver calmato gli animi, i responsabili furono arrestati e condannati a pene molto severe, per alcuni di loro la sentenza fu addirittura la pena di morte.

La chiesa madre fu costruita nei primi decenni del XVIII secolo e recentemente restaurata conserva preziosi quadri del pittore locale Antonino Guastaferro.

Santa Caterica ha dato i natali a mons. Pasquale Panvini (1785 - Napoli 1857). Dopo essere stato ordinato sacerdote, si dedicò agli studi della medicina e, dopo la laurea, all’insegnamento universitario. Desideroso di acquisire nuove conoscenze viaggiò molto. Fu a Napoli. Lucca e a Londra. Approfondì le sue già vaste conoscenze mediche; studiò in particolar modo il colera. Alla sua morte donò la sua ricca biblioteca al convento dei cappuccini.

Antonino Guastaferro (1736-1771), pittore di grande talento, fin da giovane manifestò il desiderio di dedicarsi alla pittura. Ostacolato dai parenti, decise di recarsi a Palerno, dove la sua arte fu apprezzata dal principe di Villafranca che a sue spese. lo mandò all’Accademia di Belle Arti a Roma. Da Ferdinando I fu incaricato di decorare il Palazzo Reale di Caserta. Era così bravo da suscitare l’invidia di alcuni colleghi che, si dice, lo abbiano avvelenato durante una cena. Si recò a Napoli per ricevere le cure necessarie, ma il veleno aveva già fatto il suo corso e la sua salute andava sempre più peggiorando. tanto da costringerlo a far ritorno a Santa Caterina, dove morì. Le sue opere sono custodite nella chiesa madre e nel municipio del suo paese.

Tra le feste religiose, vogliamo ricordare quella patronale di Santa Caterina, che si svolge con solenne processione il 25 settembre.

L’economia ha come fonte primaria l’agricoltura che produce olive, uva, cereali e legumi e l’allevamento di ovini, bovini, caprini e pollame.

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