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MARIANOPOLI
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Dagli scavi effettuati in località Castellazzo presso Marianopoli si sono rinvenuti importanti reperti archeologici che testimoniano la presenza in quei luoghi di una città fortificata identificata senza ombra di dubbio con Mitistrato. Fu abitata fin dalla preistoria da popolazioni indigene: i sicani e siculi. Durante la prima guerra punica i romani dovettero faticare a lungo per conquistare la città. A tal proposito citiamo quello che ha scritto A. Holm:

Indi Attilio si rivolse contro Mitistrato, forte Castello presso l’odierna Marianopoli. il quale quantunque assediato già da un certo tempo, continuava ancora a resistere. La fame obbligò alla fine la guarnigione ad abbandonare la città e gli abitanti aprirono le porte ai Romani, sperando un mite trattamento. Invece i vincitori ne fecero strage: e questa, non cessò se non allorquando il duce supremo è noto che ciascuno poteva ritenere la preda fatta. I cittadini superstiti furono fatti schiavi e la città fu bruciata». Di Mitistrato parlarono molti autori antichi quali Diodoro Siculo, Polibio e Lico di Reggio. storico greco vissuto intorno al 300 a. C. che si occupò di storia, leggende e tradizioni. Delle sue opere non rimangono che pochi frammenti. alcuni dei quali riguardano proprio la nostra Mitistrato. Scrive C. Muller che ha raccolto tutto ciò che rimane delle opere di Lico: «Lico di Reggio narra che nel territorio dei Sicani, una fonte produce aceto del quale si servono per le vivande, e un’altra in Mitistrato, simile all'olio sgorga; e questo nelle lucerne brucia, e può i gonfiori e la scabbia guarire e viene denominato Mutistratio».

Dopo la distruzione, ad opera dei romani. di Mitistrato. i cittadini scampati all’eccidio, ricostruirono la città, e quando alla dominazione romana si sostituì quella bizantina, la città era ritornata al suo antico splendore. Durante la dominazione bizantina la città divenne un importante centro dell’Impero d’Oriente con un proprio governatore che amministrava un territorio piuttosto vasto. Nel corso del VI e VII secolo cambiò il suo nome in Mestrato col quale viene citato dal geografo Stefano di Bisanzio. Nell’843 fu conquistata dagli Arabi dopo una lunga resistenza.

Con l’arrivo dei musulmani la città cambiò nome in M.s.Kan che, secondo lo studioso Emanuele Valenti, non è altro che la traduzione araba del toponimo bizantino Mestrato, contrazione. a sua volta. Dell'antico Mitistrato. Egli. infatti, partendo dalle distanze citate dal geografo Idrisi che pone «da Castrogiovanni a M. H. KAN verso settentrione 18 miglia: da M. H. KAN a QASR 15 miglia in direzione sud-est: da M. H. KAN a Sutera. verso ovest 15 miglia "bbene — dice Valenti — se procediamo ad una triangolazione geometrica con le distanze da Castrogiovanni e da Sutera. il risultato è immediato per Castellazzo di Marianopoli’. Riprende poi la descrizione che Al Idrisi fa del fiume Salso e della posizione che occupa M. H. KAN che si trova alla destra del fiume quando le sue acque. attraversando terreni salini, diventano salate. Pertanto sia Mitistrato che Mestrato e M. s. Kan sono con certezza identificabili con Castellazzo di Marianopoli.

L’arrivo dei Normanni trovò la città restia ad accettare i nuovi conquistatori e opposero una strenua resistenza.

Dopo una lunga battaglia i Normanni occuparono e distrussero la fortezza di M. s. Kan e divisero il suo vasto territorio. Il conte Ruggero tenne alcune di queste terre sotto la sua diretta amministrazione come beni demaniali, gli altri feudi e castelli li donò ai parenti e a coloro che si erano distinti in battaglia. Il territorio, così smembrato, comincia a decadere tanto, che quando giungono gli Angioini della gloriosa Mitistrato non se ne parla più. Nel 1726 Onofrio Lombardo barone della Scala, signore del feudo di Manchi (uno dei tanti feudi della smembrata M. s. Kan) chiese e ottenne dal re il premesso di immettere una colonia di greci albanesi nel suo territorio, ma. per le difficoltà incontrate, il barone non riuscì nel suo intento. Nel 1751 Giuseppe Lombardo Lucchese, che era succeduto al padre, portò a termine l’ambizioso progetto con l’aiuto del cugino Alberto Ugo Lucchesi, che vivendo a Napoli, aveva amicizie a corte. Con l’aiuto di padre Sangiuliani, il religioso conobbe un certo Capitano Ghil che si offrì, dietro compenso, di trasportare venti famiglie albanesi nel feudo del barone della Scala. Operazione che, suggeriva padre Alberto, doveva essere attuata con la massima prudenza. poiché i veneziani non volevano che gli albanesi lasciassero la loro terra, poiché essi costituivano una sorta di ostacolo contro i turchi. Per ottenere il permesso di lasciare partire le venti famiglie destinate. furono pagate ai capi tribù 40 zecchini veneziani, ma non tutte le famiglie poterono imbarcarsi, perché il barcone noleggiato risultò incapace di contenerli tutti. Partirono soltanto undici famiglie per un totale di 64 persone. I coloni furono reclutati nel villaggio di Pastrovich nel Montenegro e. dopo un viaggio piuttosto lungo e travagliato. giunsero a Barletta dove furono messi in quarantena: poi proseguirono per Malta e anche qui rimasero per un’altra quarantena. e. infine, furono sbarcati a Girgenti e da lì proseguirono a piedi il cammino verso l’interno per raggiungere il feudo di Manchi dove furono alloggiati; e dove, per prima cosa, professarono la loro fede cattolica.

Nel 1801 la terra di Manchi fu elevata a municipalità e le fu dato il nuovo nome di Marianopoli. Intanto il barone Vincenzo Paternò Lombardo aveva chiesto e ottenuto che la chiesa da lui costruita e dotata di 40 onze fosse innalzata a chiesa parrocchiale. Nel 1806 Marianopoli fu elevata a marchesato. Vincenzo Paternò Lombardo divenne il primo marchese di Marianopoli e ottenne il voto in Parlamento.

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