Lo stesso nome di Calamonaci sembra essere di indubbia
provenienza araba Kal-at-Munach, fortezza di fermata o
di sosta; stazione di fermata dove si rilevano i
cavalli. Sorge su un'altitudine di 307 metri a 54
chilometri da Agrigento e a 4 da Ribera, il suo
territorio si estende dalla montagna Chirchillo a
Scirinda e dal fiume Verdura alla Salina Sorge, quindi,
tra rigogliosi vigneti e secolari uliveti e la sua
economia è prettamente agricola. Si producono, in
particolare, vino, olio, agrumi, mandorle. Nel 1287
l'antico feudo venne venduto dal re Giacomo di Aragona a
Berengario de Villaragut che aveva seguito il suo
sovrano in Spagna. Nel 1296 Federico II lo concesse a
Berengario de Spuches con la clausola dello jus
francorum. Successivamente passò ai baroni Inveges e
Perollo di Sciaccca. Non fu mai molto popolato,
rimanendo per alcuni secoli nelle dimensioni di un
modesto casale e passò in proprietà a diversi feudatari.
Il 6 febbraio 1574 Antonino De Termini ottenne lo Jus
populandi, ossia il diritto a fondare e popolare il
feudo di Calamonaci. Dieci anni dopo, iniziarono i
lavori per la costruzione della Chiese di San Vincenzo
Ferreri, unica Chiesa del paese. Nella prima metà del
1600 Calamonaci contava poco più di 650 anime. In questo
secolo sorse anche un piccolo convento di Carmelitani,
che ebbe però poca vita. La storia del paese è legata,
fino al secolo scorso, alle vicende delle famiglie
locali che ne hanno acquisito il possesso. La città
moderna si presenta al visitatore ben squadrata, divisa
in quattro zone da due arterie principali (Corso
Francesco Crispi e Via Garibaldi). |