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GELA
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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La presenza dell'uomo nel territorio di Gela risale al Neolitico (V millennio a.C.). L'antica Gela venne fondata agli inizi del VII secolo da coloni greci di Rodi e di Creta. Ben presto divenne tra le più importanti e potenti città greche della Sicilia. Fu unfamoso centro culturale e commerciale. Dopo le due distruzioni in epoca greca (nel 405 e nel 282 a.C.), durante il medioevo dell'antica città non si ebbero notizie. Ricostruita da Federico Il nel 1233, ebbe un grande sviluppo fino alla nuova distruzione patita a opera di pirati alla fine del Trecento. Dopo una nuova ricostruzione, vivacchiò sino al Settecento, quando visse un nuovo rinascimento. La scoperta del petrolio (1956) e la relativa industrializzazione hanno fatto di Gela una delle città più popolate della Sicilia.
Il territorio circostante la città risulta abitato già a partire dal Neolitico (V millennio a.C.). Nella successiva età del Rame (per la Sicilia il 111 millennio a.C. circa), i segni della presenza dell'uomo aumentarono notevolmente come dimostrato dalla scoperta di tombe a forno (tipologia molto rappresentativa del periodo in Sicilia) con i relativi corredi funerari (ammirabili nel museo della città).
Comunque è nel millennio seguente, età del Bronzo antico (2200-1450 a.C.), che in questi luoghi (zona dell'acropoli greca e delle colline circostanti la città) come nel resto dell'isola si riscontrano numerosi insediamenti riconducibili quasi sempre al tipo castellucciano (comunità dalle caratteristiche agricolo-pastorali con contatti commerciali con il mondo esterno, maltese ed egeo in particolare). « ... E poi i capi geloi, e l'immane Gela, così detta dal nome del fiume ... ». Così appaiono a Enea e compagni la città e il suo circondario e queste sono le parole che Virgilio fa dire all'eroe troiano nel 111 libro dell'Eneide. Gela fu fondata da coloni provenienti da Rodi e da Creta nel 689-688 a.C. lo storico greco Tucidide nelle sue Storie del Peloponneso la migliore fonte: «La città fu denominata dal fiume Gela, ma lo spazio dove ora si trova la città e che per primo fu cinto da mura si chiama Lindioi: ebbe leggi doriche. Circa 108 anni dopo i Geloi fondarono Agrigento ... ». I coloni greci si stanziarono sin dall'inizio nella zona di Molino a Vento, già sede, come abbiamo detto, di insediamenti preistorici. Dopo pochi decenni furono costruiti i primi edifici di culto dedicati alla dea protettrice della città Athena Lindia, con una tecnica di costruzione che fu utilizzata anche nei secoli successivi. La mancanza di cave di pietra nelle vicinanze, infatti, obbligò gli abitanti a usare, nella costruzione degli edifici sia pubblici (templi e costruzioni di difesa) sia privati, grossi mattoni in argilla (abbondanti in loco) che erano le sopraelevazioni del basamento in pietra. La città antica si sviluppò a sigaro lungo la collina che corre parallelamente alla costa e la domina. La posizione strategica nel Mediterraneo e la presenza alle spalle di una pianura fertilissima la fecero crescere e prosperare sin dall'inizio e la portarono a espandersi all'interno a danno dei siculi e dei sicani. Nel 588 a.C. fondò una subcolonia, Akragas (Agrigento), a dimostrazione di quanto era diventata potente. Nei due secoli successivi alla sua fondazione (VI e V secolo a.C.) Gela iniziò una serie di guerre espansionistiche che nel primo quarto del V secolo la fecero diventare la più importante colonia greca dell'isola. Nel contempo i quartieri affitativi si organizzarono nelle vicinanze dell'acropoli, lungo un pendio a terrazza. All'inizio la città importò dalla madrepatria i prodotti in ceramica necessari per l'uso domestico per quello religioso, come dimostrano i pezzi ritrovati nelle necropoli e nei santuari.
Ma ben presto gli allievi superarono (per capacità tecnica e bellezza artistica) i maestri e la città esportò i propri manufatti anche in Grecia. Nel 405 a.C., dopo una lunga guerra contro i cartaginesi, Gela venne sconfitta e distrutta e gli abitanti superstiti si dispersero nelle vicine campagne. Per più di mezzo secolo la città non fece parlare più di ,a sé. Ma nel 339 a.C., grazie al condottiero Timoleonte, essa venne ricostruita e ripopolata con e i coloni provenienti da Kos. La vita della città però si spostò nella zona occidentale della collina (oggi chiamata Capo Soprano) e i sito arcaico di Molino a Vento venne quasi del tutto abbandonato.
La nuova città era più estesa di quella arcaica e tutti i quartieri civili furono cinti da poderose fortificazioni che ancora oggi, per il buono stato di conservazione, costituiscono uno dei capolavori visibili di architettura militare.
Nel 282 a.C. Gela subì una nuova e devastante distruzione a opera del tiranno di Agrigento, città fondata dalla stessa Gela. Le case e le mura furono abbattute e gli abitanti sopravissuti furono deportati Chi riuscì a salvarsi si disperse nelle vicine campagne e nell'entroterra. Gli insediamenti rurali delle vicinanze (individuati in scavi recenti) videro arrivare i nuovi invasori (nell'ordine: romani, vandali, goti, bizantini, arabi normanni).
Per più di quindici secoli non si sentì parlare più di quella città una volta così fiera e così potente. Un imperatore Federico Il si rese conto che quella pianura fertile e disabitata poteva essere sfruttata soltanto rifondando l'antica città; così nel 1233 la ricostruì e le diede il nome di Eraclea. Negli anni successivi essa fu popolata (anche coattivamente) da coloni siciliani e continentali ai quali vennero assegnati lotti di terreno da coltivare. La città di Eraclea, che ben presto venne chiamata Terranova (nome portato sino al 1927, quando riprese l'antica denominazione di Gela), si sviluppò nella parte orientale della collina (già occupata dall'acropoli antica). Da subito, poiché non mancavano materiali da costruzione tra i resti della città greca, venne dotata di un castello e di mura di cinta. Cinquant'anni dopo la città vantava circa 8.500 abitanti (al quinto posto per numero di abitanti tra le città siciliane), era diventata un importante centro di esportazione di grano e di altri prodotti agricoli dell'entroterra, era dotata di un nuovo porto frequentato da mercanti (genovesi, pisani e catalani) e ospitava un quartiere ebraico (là Giudecca). Nel 13 08-13 10, secondo i registri vaticani, contava ventidue chiese. Ma dopo la rinascita, ci fu di nuovo un destino avverso: come tutte le città costiere, essa fu esposta agli attacchi dei pirati barbareschi e il muro di cinta non bastò più a salvarla da morte e distruzione. A peggiorare le cose vennero la peste (1347-8) e le lotte intestine tra latini e catalani. Non a caso, secondo i registri fiscali, intorno alla metà del Trecento essa risulta tra le città più povere del regno, con una popolazione di circa 1.500 abitanti. Il peggio, comunque, doveva ancora venire. Tra il 1370 e il 1390 (in un anno non precisato) la città subì la terza distruzione causata dai soliti pirati provenienti dal Nord Africa. Era chiaro che Gela non era più difendibile come prima e pertanto aveva bisogno di interventi ben più massicci se voleva esistere. Per prima cosa fu decisa la riduzione della cinta muraria a poco meno della metà rispetto a quella del periodo federiciano, per rafforzare e potenziare la rimanente. Nonostante questi interventi, per tutto il Quattrocento, Terranova fu ridotta a un piccolo borgo feudale scarsamente fortificato che passava da un signore all'altro. Nel due secoli successivi essa continuò a essere una città feudale e visse tra alti e bassi, ma senza ritrovare lo smalto dei tempi passati.
Si costruirono nuove chiese e nuovi conventi. Inoltre, sono di questo periodo (fine Cinquecento) le mura ancora visibili lungo la via Verga e la via Matteotti. Nel corso del Settecento si svilupparono la coltura della vite e del cotone e, con la costruzione di una diga, furono migliorati i sistemi di irrigazione. La popolazione, per la prima volta in mezzo millennio, ritornò quella dell'età svevo-angioina (circa 8.500 abitanti). A dimostrazione di una rinascita demografica ed economica, si cominciò a costruire (tra il 1766 e il 1794) una nuova Chiesa Madre e altre chiese. La vita economica e politica, fino a quel momento di assoluta pertinenza del signore feudale, passò a poco a poco alla piccola nobiltà e alla borghesia agraria. Questi ceti, oltre a partecipare ai moti risorgimentali, diedero vigore alla cultura e all'economia con la costruzione di scuole, di collegi e di un teatro. Nel 1927 fu recuperato l'antico nome di Gela. Nel luglio del 1943 su queste spiagge sbarcarono gli anglo-americani. Dopo tante lotte politiche e sociali, il dopoguerra portò alla fine del latifondo e il miglioramento delle condizioni economiche e igieniche favorì certamente l'incremento demografico della città che passò dai 26.000 abitanti del 1921 ai 55.000 del 1967. A metà degli anni Cinquanta (1956), la scoperta di grandi giacimenti petroliferi portò a una industrializzazione che garantì certamente tanto lavoro ma che, come conseguenza, portò a uno sviluppo caotico della città, danneggiandone spesso il tessuto storico e archelogico. Gli eventi recenti, legati alla conversione ambientale del petrolchimico, pongono per Gela (ma non solo per essa) la difficile questione della salvaguardia dei diritti alla salute, al rispetto dell'ambiente, alla tutela del posto lavoro ecc. La città è diventata quindi un laboratorio di sperimentazione su come favorire lo sviluppo economico non prescindendo da quello della qualità della vita e dell'ambiente. Un bel banco di prova, non c'è dire.
Gela è in grado di offrire al turista non solo le sue meraviglie storie-archeologiche (per certi aspetti uniche), ma anche una costa (con spiagge basse e sabbiose ma anche alte e frastagliate) con un porto turistico per i natanti e un parco naturalistico come il Biviere di Gela per gli appassionati della natura e in particolare di uccelli.
©  Azienda Provinciale Turismo di Caltanissetta

 
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