Una delle tappe irrinunciabili per un
turista che decide di intraprendere un itinerario nel
Nisseno è sicuramente Gela, cittadina sul mare ricca di
storia e cultura. Da Caltanissetta vi si arriva facilmente
percorrendo la strada a scorrimento veloce 191. Gela è
raggiungibile anche tramite ferrovia, attraverso un lungo
percorso che tocca, prima della cittadina costiera, anche
località della provincia di Agrigento, quali Canicattì,
Ravanusa, Campobello e Licata.
Secondo Tucidide la fondazione di Gela (l'antica Lindioi)
avvenne per opera dei Rodio-Cretesi guidati da Antifemo e
da Entimo: siamo nell'anno 689 a.C. I primi abitanti, dopo
aspre lotte con le popolazioni preesistenti, cominciarono
a penetrare verso l'interno. Salendo attraverso il fiume
Gela iniziarono quel processo di ellenizzazione che in
seguito avrebbe coinvolto altri centri vicini (Ariaiton,
Maktorion e Omphake, l'attuale Butera).
Gela raggiunse il suo massimo splendore tra il VI e il V
secolo a.C. affermandosi quale centro greco dominante.
Sotto i tiranni Cleandro, Ippocrate e Gelone assunse un
importante ruolo politico-militare, contrapponendosi al
blocco Cartaginese che dominava la Sicilia occidentale.
Con la rivolta del 450 a.C. per l'autonomia dalla Grecia,
Gela cominciò ad intraprendere la strada del declino. Dopo
una fase di stasi, venne distrutta definitivamente dai
Cartaginesi e dagli Agrigentini intorno al 280 a.C.
© Azienda
Provinciale Turismo di Caltanissetta
Città agricola e
industriale, sorge sulla costa del Canale di Sicilia a
destra della foce del fiume Gela su un dolce rilievo
allungato parallelo alla costa stessa. Fu fondata nel 689
a. C. (44 anni dopo Siracusa) da una colonia formata da
Rodii, comandati da Antifemo, e da Cretesi guidati da
Entimo. Questi, attirati dalla bellezza del luogo, vi si
accamparono e fondarono la città, allora abitata da nuclei
di indigeni, i siculi, e la chiamarono Gela dal nome del
fiume che vi scorreva. Antifemo ed Entimo incontrarono
l’ostilità degli abitanti del luogo, ma in breve tempo
riuscirono a sopraffarli e a cacciarli sulle montagne. La
città di Gela cominciò a svilupparsi tanto che, dopo
appena un secolo, una colonia di geloi comandati da
Pistilo e Aristomus si spostò sul fiume Akragas e fondò
nel 580 a. C. la città di Agrigento. Divenuta potente,
Gela iniziò una politica espansionistica, ma nel VI secolo
a. C. avvenne, per motivi economici, la secessione della
plebe che, abbandonata la città, si recò nella vicina
Maktorion. Il gran sacerdote del culto di Diana riuscì a
sedare il contrasto e a far rientrare i fuggiaschi a Gela.
Dai primi due secoli di vita dalla sua fondazione nulla si
sa di preciso dell’ordinamento politico e amministrativo
della città. Il primo tiranno di Gela di cui si ha notizia
fu Cleandro che regnò dal 505 al 498 a. C. Dopo la sua
morte, avvenuta per mano di Sabello, cittadino gelese, il
potere passò al fratello Ippocrate, il quale continuò la
politica espansionistica sottomettendo le città di
Callipoli, Leontini, Nasso, Ergezio e Zancle (Messina). In
tal modo Ippocrate realizzò il suo progetto di fondare uno
stato forte di cui Gela divenne la metropoli. Soltanto
Siracusa era scampata al pericolo della dominazione geloa
grazie all’aiuto dei Corinti e dei Corcidesi, ma la sua
conquista era di vitale importanza per Ippocrate che
avrebbe avuto la possibilità di controllare i territori
conquistati e, per la sua presenza a Siracusa di un
florido porto, si sarebbe assicurato le comunicazioni con
l’oriente dove intratteneva scambi commerciali, mentre il
porto di Messina, allora Zancle gli assicurava il
controllo sul movimento delle navi. L’occasione per
muovere guerra ai siracusani si presentò quando Camarina,
colonia di Siracusa, si ribellò alla madrepatria nel 552
a. C., ma l’esercito camarinese fu sconfitto e fatto
prigioniero. Ippocrate allora prese lo spunto dal fatto
che dell’esercito sconfitto facevano parte dei geloi,
mosse guerra a Siracusa e, dopo avere sconfitto i
siracusani presso il fiume Eloro, cinse d’assedio la città
che sarebbe capitolata se non fossero intervenuti Corinto
e Corcira a fare da pacieri. Ippocrate accettò le
condizioni proposte e, in cambio di Camarina, rilasciò i
prigionieri e abbandonò Siracusa. Mentre Ippocrate era
impegnato nella guerra contro Siracusa, i siculi, che non
avevano sopportato l’usurpazione delle loro terre da parte
dorica, minacciarono di rompere il patto d’alleanza con
Gela, costringendo il tiranno ad attaccarli nella loro
roccaforte di Ibla dove perse la vita. Alla morte di
Ippocrate (491) prese il potere Gelone che continuò la
politica espansionistica del predecessore. Nel 484 a. C.
conquistò Siracusa, dove si trasferì, lasciando Gela nelle
mani del fratello Cerone. Intanto Terone, tiranno di
Agrigento, che mirava ad ingrandire il suo stato,
conquistò Himera nel 480 a. C. Terillo, signore di Himera,
chiamò in suo aiuto i Cartaginesi, che, guidati da
Amilcare, accorsero con un forte esercito e assediarono la
città. Nel frattempo, Terone, avvertito il pericolo di una
sconfitta, chiese aiuto alle città di Gela e di Siracusa.
Gelone, allora, riunito un esercito di cinquemila uomini,
insieme ai fratelli Cerone, Polizelo e Trasibulo, partì
alla volta di Himera. Con una geniale mossa strategica,
fece penetrare un drappello di suoi uomini
nell’accampamento cartaginese, che incendiarono le navi
nemiche e fecero entrare il grosso dell’esercito siceliota.
Durante la cruenta battaglia che ne seguì perse la vita il
condottiero cartaginese Amilcare. In breve tempo
l’esercito cartaginese, rimasto senza guida, fu sconfitto.
Le condizioni di pace offerte dal vincitore Gelone furono
piuttosto miti. Egli impose il pagamento delle spese di
guerra e l’abolizione dei sacrifici umani nei loro riti
religiosi. Alla morte di Gelone, avvenuta nel 478 a. C.,
il fratello Gerone abbandonò, a sua volta, il governo di
Gela per prendere possesso di Siracusa e lasciò la città
geloa a Polizelo. Durante questo periodo della sua storia
non si hanno più notizie certe; si pensa tuttavia che Gela
si sia liberata della tirannide di Polizelo e si sia data
un governo democratico. Intanto i siracusani cacciarono
Trasibulo che, dopo la morte di Cerone, tiranneggiava la
città, e molti geloi tornarono nella madre patria che
riacquistò la floridezza di un tempo. Nel 424 si
affacciarono sulla scena gli Ateniesi che intendevano
conquistare la Sicilia, e pertanto Gela si mise alla testa
delle città sicule e ricacciò gli ateniesi. Ma il pericolo
non era scongiurato in quanto l’isola era tormentata da
lotte cittadine per il sopravvento per cui si rese
necessario riunire a Gela i rappresentanti delle città
sicule e fare un trattato di pace con lo scopo di
unificare i popoli della Sicilia contro il pericolo
straniero e in questa occasione il siracusano Ermocrate
pronunciò la sua mirabile orazione concludendo col grido:
"Noi non siamo né Joni né Dari, noi siamo Siciliani! La
Sicilia deve essere dei Sicelioti, stretti in un unico
patto d’alleanza". Nel 406 a. C. i cartaginesi
conquistarono Agrigento e la rasero al suolo e Gela, non
volendo fare la stessa fine, chiese aiuto a Dionisio
tiranno di Siracusa che, per ragioni non conosciute, non
arrivò in tempo a dare man forte al popolo di Gela.
Pertanto, dopo alterne vicende che videro atti di eroismo
anche di donne e bambini. la città fu presa e rasa al
suolo dopo essere stata depredata di tutti i tesori (405
a. C.). I cittadini superstiti intanto si erano rifugiati
a Siracusa. Nel 397 a. C. tornarono in patria e si unirono
a Dionigi Il nella lotta per la liberazione e nel 383
ebbero riconosciuta la loro indipendenza. Dal 338 al 317
Gela sentì l’influenza benefica di Timoleonte. tiranno di
Siracusa. Sotto il governo di Agatocle (3 17-289 a. C.) fu
nuovamente angosciata e combattuta da lotte interne tra il
popolo e gli aristocratici che non sopportavano il governo
democratico. Quando nel 311 i Cartaginesi ritornarono
nella città trovarono il popolo debilitato e, aiutati
dagli aristocratici, la occuparono nuovamente e la
distrussero uccidendo un gran numero di cittadini. Gela
subì un’ulteriore distruzione da parte di Finzia, tiranno
agrigentino, il quale, avendo fondato la città di Finziade
(Licata), per paura che questa non potesse svilupparsi a
causa della vicinanza con Gela da cui distava soltanto 30
Km. occupò la città di Gela e con ferocia fece abbattere
le mura e i palazzi. portando i materiali demoliti nella
nuova città. Dopo questa immane distruzione, per diversi
secoli, non si parlò più di Gela.
Sotto i Romani di Gela esisteva ancora un piccolo nucleo.
Ne parlano infatti Virgilio. Plinio. Cicerone e Strabone.
Dopo i romani in Sicilia e quindi anche a Gela si
stabilirono i Bizantini, ma della città non si hanno
notizie importanti. In seguito fu occupata dagli Arabi che
la chiamarono "Città delle colonne" e il fiume "Fiume
delle colonne" per le numerose colonne sparse nel suo
territorio.
Nel 1230 Federico Il di Svevia fece ricostruire, a ovest
dell’antico abitato. la città che volle chiamare Terranova
e la fortificò con un’ampia cerchia muraria. Terranova fu
demaniale fino al 1369, quando il re Federico III la donò
a Manfredi Chiaramonte, ma già la città si era messa
spontaneamente sotto la tutela della potente famiglia. La
situazione non piacque ad Artale Alagona che lo cinse
d’assedio e, dopo una strenua difesa la città si consegnò
alle truppe dell’Alagona. La famiglia Chiaramonte tenne il
governo di Terranova fino al 1392 quando l’ultimo
discendente, Andrea, fu giustiziato per essersi messo a
capo della congiura dei baroni siciliani contro re Martino
e i suoi beni furono confiscati. La città fu affidata a
Pietro de Planellis fino al 1401 anno in cui re Martino I
la concesse a Ludovico de Rayadello al quale succedette la
nipote Giovanna sposa di Arnaldo Villademanio. Nel 1432
donna Beatrice, vedova di Gabriele de Faulo acquistò la
città di Terranova e la donò alla figlia Costanza che la
portò in dote al marito Berengario de Crnillas. Quindi,
Beatrice, figlia di Costanza con il marito Giovanni
d’Aragona nel 1453 entrarono in possesso della città. Nel
1507 il loro figliolo Carlo acquistò per sé e per i suoi
discendenti il "mero e misto impero". A Carlo succedette
la figlia Antonia che portò in dote la città allo sposo
Giovanni Tagliavia Aragona che nel 1530 chiese e ottenne
dal re il titolo di marchese di Terranova. Nel 1561 il
figlio Carlo ricevette il titolo di duca. La famiglia
Terranova Aragona tenne il possesso della città fino al
1640 fino a quando cioè la figlia di Diego Tagliavia
Aragona, Giovanna, la portò in dote al marito Ettore
Pignatelli la cui famiglia la tenne fino all’abolizione
della feudalità in Sicilia (1812).
Nel 1799 la città di Terranova insorgeva insieme ad altri
paesi siciliani al grido di: "Morte ai giacobini". Durante
la rivolta popolare vennero uccisi alcuni cittadini, ma i
responsabili vennero facilmente identificati e impiccati.
Nel 1927 la città riprese il suo glorioso nome: Gela.
Durante la seconda grande guerra fu crudelmente bombardata
dagli alleati che ne occuparono il porto e la cittadina.
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